Blog per un portfolio

Un Portfolio è per definizione un elenco dei lavori.
Nel contemporaneo mondo del lavoro è un fondamentale strumento di presentazione, al pari del curriculum, specialmente per le categorie creative, dove l'immagine assume un ruolo imprescindibile dalla propria esperienza.
Ma un portfolio deve essere necessariamente un noioso insieme di prodotti grafici e testuali, o può diventare qualcosa di più? Come può la ricerca personale portata avanti nel corso di un intera vita essere intuita da un elenco simile ad una lista della spesa? Redarre un portfolio può diventare un importante esperienza autoformativa?
Con queste domande mi sono avventurato nella creazione di quello che diventerà il mio biglietto da visita nel mare della complessità della realtà lavorativa.

giovedì 13 settembre 2012

Costruire/1

L'atto di costruire è sicuramente il più materico, fisico delle fasi. Costruire è ancorato al reale come lo può essere solo il bisogno primario dell'abitare. Costruire non è un atto proprio solo degli esseri viventi. Il tempo costruisce: l'erosione ha dato luogo alla prima tipologia abitativa in assoluto: la caverna. Quindi costruire non è un'azione, ma un manifestarsi di eventi sul piano reale. Dovremmo abbandonare la logica condivisa secondo la quale costruire significa aggiungere. Costruire è una modificazione operata sulla preesistenza, mentre noi leghiamo il concetto di pianificazione all'uomo. Conosciamo un'infinità di specie animali che costruiscono i loro rifugi, per alcuni semplici ripari, per altri vere e proprie città complesse, con spazi pubblici e privati, strade e piazze: dove allora inizia la pianificazione? La risposta è probabilmente nell'equilibrio.
 La natura costruisce e fagocita, rimpasta i materiali con il quale ha costruito per creare nuovi schemi, nuovi spazi. Nulla è immobile, tutto scorre. Le montagne che sembrano immortali cambiano volto nei millenni. I continenti si allontanano e ritornano ad avvicinarsi, così come le stelle che nascono e muoiono ogni secondo. Ecco perché l'architettura ha il dovere di seguire il flusso. Deve evolvere con lo spazio, crescere, e infine morire per tornare ad essere brodo primordiale, ma senza la pretesa di essere naturalista. Il più grande ostacolo verso la ricerca di questo equilibrio rimane l'uomo: la ricerca dell'immortalità è presto sconfinata nella necessità di lasciare un impronta nel luogo, per imprimere nella coscienza collettiva la volontà individuale. Cinquemila anni fa l'uomo costruiva le piramidi, montagne artificiali in un ambiente che ne era privo: il deserto. Eppure questa frattura, che ha avuto molta risonanza nella ricerca degli architetti di ogni tempo, ha trovato forse la sua risoluzione nell'opera di alcuni, come Louis Kahn, che hanno compreso questa necessità, ed hanno donato all'architettura valore trascendente. Il tempo diventa la quarta dimensione del costruire e viene inserito come variabile all'interno del progetto. Costruzioni che affermano la loro provenienza antropica ma accettano lo scorrere del flusso senza pretese d'immortalità. Edifici che sembrano già rovine di una civiltà fagocitata e consegnata all'oblio dal tempo.
 Costruire è crescere: ogni milligrammo di calcio che assumiamo in un bicchiere di latte costruisce le nostre ossa, così come le calorie si trasformano in energia. Noi ci costruiamo ogni giorno. Così deve essere l'architettura: un immortale scorrere che è evoluzione e cambiamento continuo, dove non si può tornare indietro, ma solo imparare dagli errori passati.