Blog per un portfolio

Un Portfolio è per definizione un elenco dei lavori.
Nel contemporaneo mondo del lavoro è un fondamentale strumento di presentazione, al pari del curriculum, specialmente per le categorie creative, dove l'immagine assume un ruolo imprescindibile dalla propria esperienza.
Ma un portfolio deve essere necessariamente un noioso insieme di prodotti grafici e testuali, o può diventare qualcosa di più? Come può la ricerca personale portata avanti nel corso di un intera vita essere intuita da un elenco simile ad una lista della spesa? Redarre un portfolio può diventare un importante esperienza autoformativa?
Con queste domande mi sono avventurato nella creazione di quello che diventerà il mio biglietto da visita nel mare della complessità della realtà lavorativa.

martedì 19 giugno 2012

Comprendere la totalità

Comprendere la totalità è sempre stata una questione propria della ricerca escatologica. Essa si manifesta in molte maniere nelle nostre vite perché strettamente legata ai processi cognitivi più semplici. Il pensare alle cose come facenti parte di un ordine/struttura presente ad ogni scala di riferimento nel quale possiamo pensare il reale e la necessità conseguente di comprendere la struttura superiore del sistema osservato per porne dei limiti esplorabili dalla mente umana. Lo stesso concetto di Dio di Anselmo d'Aosta "ciò di cui non si può pensare nulla di più grande" (ovvero ciò che è oltre i limiti umani della capacità di comprensione della totalità) è espressione della trascendenza di questo concetto. La mente umana si sente più a suo agio entro dei confini che può sondare, senza eppur averli esplorati, l'illusione che guardando le cose ad una scala più elevata sia più facile comprenderne la natura.

 Nel lavoro di sintesi che operiamo nel redarre un portfolio questo concetto si concretizza nella necessità si chiarificare a più livelli la struttura che lo compone, in maniera univoca, schematica e sistemica (creare un sistema costante di riferimenti aiuta la comprensione dell'ordine generale). Questo si può esternare in molti modi, come per esempio fornendo una chiave di lettura sotto forma di istruzioni didascaliche o pittografiche che comunichino con chiarezza la struttura oppure operando una differenziazione nel linguaggio grafico. L'importante è che il fruitore trovi un ordine nella nostra ricerca, un appiglio sotto forma di struttura nel caos che ha caratterizzato il nostro iter. Non per questo la struttura deve tradire l'iter stesso nella semplificazione, ma piuttosto restituirlo chiaramente nella sua complessa organicità.
Il trucco come sempre è capire la giusta distanza dalla quale guardare le cose.

domenica 17 giugno 2012

Condividere/1 Comunicazione


L'aspetto è la caratteristica portante di un Portfolio. Essendo pensato per fini comunicativi, la principale funzione deve essere assunta attraverso un linguaggio inequivocabile e univoco, che non permetta fraintendimenti di sorta ma possegga un target di riferimento il più ampio possibile. Per ora soffermiamoci sull'essere umano: lo stimolo sensoriale che il portfolio comunica deve corrispondere alla cosmologia della mia ricerca, deve mettere lo "spettatore" nella condizione di ripercorrere i processi logici che mi hanno portato a compiere determinate astrazioni, senza però rinchiudere il concetto nella gabbia delle mie esperienze, irripetibili e incomunicabili nella loro soggettività. Lo sforzo comunicativo diviene quindi doppiamente complesso: esternare le ragioni fondanti senza la possibilità di far ripercorrere al fruitore le esperienze che hanno creato terreno fertile perché maturassero. Come fare dunque? La natura dell'uomo ci viene incontro, proprio perché essendo anatomicamente simili, i nostri organi sensoriali rispondono pressoché nella stessa maniera alla stimolazione (da non confondere con l'interpretazione che viene poi data allo stimolo, che dipende da fattori socio-culturali e personali).

vista - tatto - olfatto - udito - gusto 

(l'ordine è espresso in orizzontale per evitare la gerarchizzazione dei sensi)

Siamo certamente in un epoca nella quale la vista ha un valore intrinseco fondamentale  (E' il primo che mi è venuto in mente mentre li elencavo). l'iperstimolazione della vista è anch'essa un fattore socio-culturale, non conseguenza, ma causa della strada intrapresa dalla tecnologia. Nel regno animale raramente la vista è il senso più sviluppato, e le ragioni sono manifeste, basti pensare ai bisogni primari degli esseri viventi:

dormire  -  nutrirsi  -  riprodursi 

in nessuno dei tre casi la vista è il senso più strettamente necessario. Per dormire diviene totalmente inutile; per nutrirsi olfatto e gusto sono gli unici sensi fondamentali; nella riproduzione invece intervengono sopratutto olfatto e tatto. 

Tornando al regno umano, è probabile che la vista abbia cominciato ad assumere importanza con l'identificazione del concetto di arte (ma questa è un altra storia); sicuramente oggi dobbiamo tenere conto di questo fattore per comunicare con efficacia, ma non v'è ragione per non coinvolgere anche gli altri sensi nella progettazione. Aspetto che, riguardando un supporto fisico, assume certamente connotazione materica. Quindi non basterà scegliere un supporto, bisognerà invece addentrarsi nella scelta dei materiali che lo compongono, magari differenziandoli a seconda delle necessità comunicative. Ad un materiale corrisponderà una reazione sensoriale che sarà più profonda per quanti saranno i sensi coinvolti nella stimolazione.