L'atto di costruire è sicuramente il più materico, fisico delle fasi. Costruire è ancorato al reale come lo può essere solo il bisogno primario dell'abitare. Costruire non è un atto proprio solo degli esseri viventi. Il tempo costruisce: l'erosione ha dato luogo alla prima tipologia abitativa in assoluto: la caverna. Quindi costruire non è un'azione, ma un manifestarsi di eventi sul piano reale. Dovremmo abbandonare la logica condivisa secondo la quale costruire significa aggiungere. Costruire è una modificazione operata sulla preesistenza, mentre noi leghiamo il concetto di pianificazione all'uomo. Conosciamo un'infinità di specie animali che costruiscono i loro rifugi, per alcuni semplici ripari, per altri vere e proprie città complesse, con spazi pubblici e privati, strade e piazze: dove allora inizia la pianificazione? La risposta è probabilmente nell'equilibrio.
La natura costruisce e fagocita, rimpasta i materiali con il quale ha costruito per creare nuovi schemi, nuovi spazi. Nulla è immobile, tutto scorre. Le montagne che sembrano immortali cambiano volto nei millenni. I continenti si allontanano e ritornano ad avvicinarsi, così come le stelle che nascono e muoiono ogni secondo. Ecco perché l'architettura ha il dovere di seguire il flusso. Deve evolvere con lo spazio, crescere, e infine morire per tornare ad essere brodo primordiale, ma senza la pretesa di essere naturalista. Il più grande ostacolo verso la ricerca di questo equilibrio rimane l'uomo: la ricerca dell'immortalità è presto sconfinata nella necessità di lasciare un impronta nel luogo, per imprimere nella coscienza collettiva la volontà individuale. Cinquemila anni fa l'uomo costruiva le piramidi, montagne artificiali in un ambiente che ne era privo: il deserto. Eppure questa frattura, che ha avuto molta risonanza nella ricerca degli architetti di ogni tempo, ha trovato forse la sua risoluzione nell'opera di alcuni, come Louis Kahn, che hanno compreso questa necessità, ed hanno donato all'architettura valore trascendente. Il tempo diventa la quarta dimensione del costruire e viene inserito come variabile all'interno del progetto. Costruzioni che affermano la loro provenienza antropica ma accettano lo scorrere del flusso senza pretese d'immortalità. Edifici che sembrano già rovine di una civiltà fagocitata e consegnata all'oblio dal tempo.
Costruire è crescere: ogni milligrammo di calcio che assumiamo in un bicchiere di latte costruisce le nostre ossa, così come le calorie si trasformano in energia. Noi ci costruiamo ogni giorno. Così deve essere l'architettura: un immortale scorrere che è evoluzione e cambiamento continuo, dove non si può tornare indietro, ma solo imparare dagli errori passati.
Blog per un portfolio
Un Portfolio è per definizione un elenco dei lavori.
Nel contemporaneo mondo del lavoro è un fondamentale strumento di presentazione, al pari del curriculum, specialmente per le categorie creative, dove l'immagine assume un ruolo imprescindibile dalla propria esperienza.
Ma un portfolio deve essere necessariamente un noioso insieme di prodotti grafici e testuali, o può diventare qualcosa di più? Come può la ricerca personale portata avanti nel corso di un intera vita essere intuita da un elenco simile ad una lista della spesa? Redarre un portfolio può diventare un importante esperienza autoformativa?
Con queste domande mi sono avventurato nella creazione di quello che diventerà il mio biglietto da visita nel mare della complessità della realtà lavorativa.
giovedì 13 settembre 2012
sabato 7 luglio 2012
Ordinare il flusso/1 Progettare
Il momento è giunto. Bisogna tirare le somme del lavoro di analisi per scontrarsi con la materialità dello scopo. E' il momento della progettazione. La ragione del concetto deve essere forte e non occulta ma in alcun modo deve asservire la funzionalità. Pro-jàcere: gettare avanti, l'atto di enucleare dalla nostra mente l'idea per portarla sul piano della realtà. E' forse il momento più complesso delle 7 fasi: il collegamento tra due piani d'azione diversi, il confine da superare tra l'io e l'essere, forse l'azione più vicina al parto, il momento culmine dell'esistenza. Un fine realizzabile appunto, solo attraverso il conflitto, lo scontro di elementi in contraddizione ma necessari alla completezza: come l'ovulo e lo spermatozoo, solo l'eterogeneità dei gameti da origine ad un nuovo individuo, unico. La mitosi da origine ad una copia identica all'originale, senza alcuna evoluzione. Nella progettualità il conflitto è interno ed esterno: i concetti generati dal nostro processo di ricerca si scontrano prima tra loro e infine con i concetti generati dalle esistenze al di fuori della nostra: le società e le persone che le compongono sono bacini pressoché infiniti di concetti in continua evoluzione. Solo il confronto può restituire l'organicità dell'essere nella nostra personale progettualità.
L'architettura mi ha insegnato a pensare ad un'adeguata struttura, senza la quale niente può reggere l'impatto della realtà.
La struttura è una griglia fondamentale, questa volta fisica, grafica, non concettuale. La struttura regge l'idea ma ne è parte stessa, separarle significa voler mantenere la distanza tra concetto e realtà, forse una forma di immaturità progettuale o eccessiva necessità di marcare il concetto, l'interiorità.
La gestione della luce è di fondamentale importanza: la luce è il senso della vista, da forma e ragione all'estetica, genera il colore.
Lo spazio è il concetto primo: l'architettura è gestione dello spazio fisico, la grafica gestione dello spazio comunicativo.
La scelta dei materiali è imprescindibile: è l'essenza della trasposizione dal concetto alla realtà, delinea le caratteristiche fisiche dell'idea, è generatrice della forma, non conseguenza di essa.
E' il momento di progettare.
L'architettura mi ha insegnato a pensare ad un'adeguata struttura, senza la quale niente può reggere l'impatto della realtà.
La struttura è una griglia fondamentale, questa volta fisica, grafica, non concettuale. La struttura regge l'idea ma ne è parte stessa, separarle significa voler mantenere la distanza tra concetto e realtà, forse una forma di immaturità progettuale o eccessiva necessità di marcare il concetto, l'interiorità.
La gestione della luce è di fondamentale importanza: la luce è il senso della vista, da forma e ragione all'estetica, genera il colore.
Lo spazio è il concetto primo: l'architettura è gestione dello spazio fisico, la grafica gestione dello spazio comunicativo.
La scelta dei materiali è imprescindibile: è l'essenza della trasposizione dal concetto alla realtà, delinea le caratteristiche fisiche dell'idea, è generatrice della forma, non conseguenza di essa.
E' il momento di progettare.
martedì 19 giugno 2012
Comprendere la totalità
Comprendere la totalità è sempre stata una questione propria della ricerca escatologica. Essa si manifesta in molte maniere nelle nostre vite perché strettamente legata ai processi cognitivi più semplici. Il pensare alle cose come facenti parte di un ordine/struttura presente ad ogni scala di riferimento nel quale possiamo pensare il reale e la necessità conseguente di comprendere la struttura superiore del sistema osservato per porne dei limiti esplorabili dalla mente umana. Lo stesso concetto di Dio di Anselmo d'Aosta "ciò di cui non si può pensare nulla di più grande" (ovvero ciò che è oltre i limiti umani della capacità di comprensione della totalità) è espressione della trascendenza di questo concetto. La mente umana si sente più a suo agio entro dei confini che può sondare, senza eppur averli esplorati, l'illusione che guardando le cose ad una scala più elevata sia più facile comprenderne la natura.
Nel lavoro di sintesi che operiamo nel redarre un portfolio questo concetto si concretizza nella necessità si chiarificare a più livelli la struttura che lo compone, in maniera univoca, schematica e sistemica (creare un sistema costante di riferimenti aiuta la comprensione dell'ordine generale). Questo si può esternare in molti modi, come per esempio fornendo una chiave di lettura sotto forma di istruzioni didascaliche o pittografiche che comunichino con chiarezza la struttura oppure operando una differenziazione nel linguaggio grafico. L'importante è che il fruitore trovi un ordine nella nostra ricerca, un appiglio sotto forma di struttura nel caos che ha caratterizzato il nostro iter. Non per questo la struttura deve tradire l'iter stesso nella semplificazione, ma piuttosto restituirlo chiaramente nella sua complessa organicità.
Il trucco come sempre è capire la giusta distanza dalla quale guardare le cose.
Nel lavoro di sintesi che operiamo nel redarre un portfolio questo concetto si concretizza nella necessità si chiarificare a più livelli la struttura che lo compone, in maniera univoca, schematica e sistemica (creare un sistema costante di riferimenti aiuta la comprensione dell'ordine generale). Questo si può esternare in molti modi, come per esempio fornendo una chiave di lettura sotto forma di istruzioni didascaliche o pittografiche che comunichino con chiarezza la struttura oppure operando una differenziazione nel linguaggio grafico. L'importante è che il fruitore trovi un ordine nella nostra ricerca, un appiglio sotto forma di struttura nel caos che ha caratterizzato il nostro iter. Non per questo la struttura deve tradire l'iter stesso nella semplificazione, ma piuttosto restituirlo chiaramente nella sua complessa organicità.
Il trucco come sempre è capire la giusta distanza dalla quale guardare le cose.
domenica 17 giugno 2012
Condividere/1 Comunicazione
L'aspetto è la caratteristica portante di un Portfolio. Essendo pensato per fini comunicativi, la principale funzione deve essere assunta attraverso un linguaggio inequivocabile e univoco, che non permetta fraintendimenti di sorta ma possegga un target di riferimento il più ampio possibile. Per ora soffermiamoci sull'essere umano: lo stimolo sensoriale che il portfolio comunica deve corrispondere alla cosmologia della mia ricerca, deve mettere lo "spettatore" nella condizione di ripercorrere i processi logici che mi hanno portato a compiere determinate astrazioni, senza però rinchiudere il concetto nella gabbia delle mie esperienze, irripetibili e incomunicabili nella loro soggettività. Lo sforzo comunicativo diviene quindi doppiamente complesso: esternare le ragioni fondanti senza la possibilità di far ripercorrere al fruitore le esperienze che hanno creato terreno fertile perché maturassero. Come fare dunque? La natura dell'uomo ci viene incontro, proprio perché essendo anatomicamente simili, i nostri organi sensoriali rispondono pressoché nella stessa maniera alla stimolazione (da non confondere con l'interpretazione che viene poi data allo stimolo, che dipende da fattori socio-culturali e personali).
vista - tatto - olfatto - udito - gusto
(l'ordine è espresso in orizzontale per evitare la gerarchizzazione dei sensi)
Siamo certamente in un epoca nella quale la vista ha un valore intrinseco fondamentale (E' il primo che mi è venuto in mente mentre li elencavo). l'iperstimolazione della vista è anch'essa un fattore socio-culturale, non conseguenza, ma causa della strada intrapresa dalla tecnologia. Nel regno animale raramente la vista è il senso più sviluppato, e le ragioni sono manifeste, basti pensare ai bisogni primari degli esseri viventi:
dormire - nutrirsi - riprodursi
in nessuno dei tre casi la vista è il senso più strettamente necessario. Per dormire diviene totalmente inutile; per nutrirsi olfatto e gusto sono gli unici sensi fondamentali; nella riproduzione invece intervengono sopratutto olfatto e tatto.
Tornando al regno umano, è probabile che la vista abbia cominciato ad assumere importanza con l'identificazione del concetto di arte (ma questa è un altra storia); sicuramente oggi dobbiamo tenere conto di questo fattore per comunicare con efficacia, ma non v'è ragione per non coinvolgere anche gli altri sensi nella progettazione. Aspetto che, riguardando un supporto fisico, assume certamente connotazione materica. Quindi non basterà scegliere un supporto, bisognerà invece addentrarsi nella scelta dei materiali che lo compongono, magari differenziandoli a seconda delle necessità comunicative. Ad un materiale corrisponderà una reazione sensoriale che sarà più profonda per quanti saranno i sensi coinvolti nella stimolazione.
mercoledì 10 agosto 2011
Partecipazione
Dopo la pausa estiva, caratterizzata piú dalla gestazione di nuovi progetti che dal tanto atteso distacco dalle preoccupazioni quotidiane, riprendo il mio iter progettuale per il portfolio, arricchito da nuovi spunti di riflessione e astrazioni maturate in questi mesi. Tra le principali, una rinnovata concezione della concetto di progetto, sempre piú segnato dall'importanza della partecipazione. Effettivamente, per quanto personale e soggettivo possa essere il percorso proposto, ritengo che la progettazione necessiti della collaborazione di punti di vista esterni al proprio percorso almeno quanto l'assunzione dei sette principi descritti finora. La partecipazione si delinea quindi non come un astrazione a se, ma come un concetto portante che attraversa tutte le fasi, comprese quelle riflessive.
Ma come puó questo concetto essere rappresentato in una raccolta del proprio iter, un personalissimo sunto della propria ricerca, e che valore ha all'interno di ogni fase? Innanzitutto dobbiamo pensare alla nostra ricerca come l'insieme dei tentativi e dei fallimenti, dei consigli e delle critiche che abbiamo ricevuto nel corso della nostra vita, un percoso fatto del flusso mentale delle nostre aspirazioni sovrapposto alla mediazione dello stesso ad opera della realtà che viviamo. Questo punto di vista include già automaticamente una implicita collaborazione, tra la nostra mente generatrice e le menti di chiunque abbia in qualche maniera contribuito all'evoluzione della nostra coscienza "contaminando" le nostre idee attraverso concetti assunti in un percorso di vita diverso dal nostro. Ed é cosí che diventa facile rendersi conto che la nostra intera cultura, i concetti portanti che guidano e guideranno le nostre azione per gli anni a venire non sono altro che il frutto della mediazione di idee altrui assunte da quando veniamo alla luce. La nostra intera specie quindi, allontanandosi sempre di piú da una visione empirica della cultura, non fa altro che muoversi in direzione di una coscienza sempre piú comune e condivisa, totalizzante, della quale la partecipazione é sicuramente uno dei valori fondanti.
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Ma come puó questo concetto essere rappresentato in una raccolta del proprio iter, un personalissimo sunto della propria ricerca, e che valore ha all'interno di ogni fase? Innanzitutto dobbiamo pensare alla nostra ricerca come l'insieme dei tentativi e dei fallimenti, dei consigli e delle critiche che abbiamo ricevuto nel corso della nostra vita, un percoso fatto del flusso mentale delle nostre aspirazioni sovrapposto alla mediazione dello stesso ad opera della realtà che viviamo. Questo punto di vista include già automaticamente una implicita collaborazione, tra la nostra mente generatrice e le menti di chiunque abbia in qualche maniera contribuito all'evoluzione della nostra coscienza "contaminando" le nostre idee attraverso concetti assunti in un percorso di vita diverso dal nostro. Ed é cosí che diventa facile rendersi conto che la nostra intera cultura, i concetti portanti che guidano e guideranno le nostre azione per gli anni a venire non sono altro che il frutto della mediazione di idee altrui assunte da quando veniamo alla luce. La nostra intera specie quindi, allontanandosi sempre di piú da una visione empirica della cultura, non fa altro che muoversi in direzione di una coscienza sempre piú comune e condivisa, totalizzante, della quale la partecipazione é sicuramente uno dei valori fondanti.
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martedì 24 maggio 2011
Astrarre/1 Simbologia
Ragionare sulle fasi di ricerca non deve semplicemente concretizzarsi nella loro individuazione e nella speculazione su di esse. La stessa scelta del linguaggio semiotico delle fasi necessita un approfondita ricerca, al fine di farlo aderire alle peculiarità della propria ricerca. Per questa ragione, associare le fasi a dei pittogrammi simbolici mi è sembrata la scelta più ovvia e più calzante sia al mio metodo astrattivo che al tema generale del portfolio. Questa operazione di ricerca semiotica è stata applicata anche alla scelta del metodo rappresentativo, per mezzo di una griglia modulare che connetta tutti i pittogrammi tra di loro e questi alla struttura del portfolio.Il pittogramma diventa facilmente leggibile e ricopre anche il ruolo di identificazione (immediata) dell'ambito di trattazione all'interno del portfolio. Il concetto diventa così trainante anche per l'indicizzazione, il cui ruolo viene assorbito dal pittogramma. Eliminata la fin troppo classica divisione per capitoli, che costringe il lettore ad una lettura continua e lineare, l'operazione di ricerca viene divisa nelle proprie fasi anche nell'impaginazione, creando un filo conduttore di concetti parziali non lineari, ma tutti necessari alla comprensione della totalità.
venerdì 13 maggio 2011
Osservare/1 percezione sensoriale
L'osservazione è il fulcro della fase passiva. Come azione include la percezione proveniente da tutti i sensi. Siamo noi a limitare attraverso l'utilizzo delle categorie il senso del termine all'interno del recinto della vista. Basti pensare alla diversità del senso di visione negli esseri umani e negli animali. Gli animali vedono in modo diverso dal nostro, ogni animale vede in maniera diversa dall'altro, a seconda delle specifiche dei suoi organi sensoriali. Questo non vale solo per quanto riguardo la vista in senso stretto, ma anche per tutti gli altri sensi. Per questo quando parliamo di osservazione, è bene tenere a mente che parliamo del modo nel quale gli umani mediano il mondo e lo spazio attraverso i loro sensi. Questa considerazione iniziale, che può sembrare ovvia, è invece fondamentale per capire che sono proprio le peculiarità del sistema sensoriale umano la base dell'osservazione. E' necessario che l'osservazione sia subordinata alla presa di coscienza di queste meccaniche, come la visione stereoscopica, la percezione degli odori, il funzionamento dei sensori tattili nell'epidermide. Progettare qualcosa per se stessi e per gli altri significa anche trasformare un concetto, una necessità in qualcosa che sia essenzialmente piacevole per il nostro sistema sensoriale. Cosa è bello per i nostri sensi? Come si può inserire questa variabile nel processo di progettazione? Queste sono domande proprie del momento dell'Osservazione.
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